Pietro Garofalo lascia Rende nel 1912 e parte per New York. È un tipo sveglio, intraprendente. Come tanti emigranti deve fare i conti con le difficoltà degli inizi, ma alla fine si fa strada. Se la cava bene, tanto da arrivare a gestire persino un biliardo nel Bronx. Ma il sogno americano, prima o poi, finisce. E nel 1924 Pietro torna a casa, in Calabria. Non torna a mani vuote: ha messo da parte un bel gruzzolo. Lo investirà nell’acquisto di una parte dell’ex convento di Santa Chiara. Lì, nel 1925, nascerà il primo cinematografo di Rende: il Cinema Santa Chiara.

Compra un proiettore “Pio Pion” e allestisce la sala: oltre 130 posti, sempre pieni. Oggi si direbbe “sold out”. La mattina, però, il cinema scompare: in quello stesso spazio si producono fichi secchi. Si lavora, sempre.

Pietro ha tre figli maschi: Italo Costantino, Francesco (che diventerà un noto preside) e Antonio. Tutti, a modo loro, danno una mano al padre. Antonio, in particolare, ha un ruolo speciale: è il buttafuori del Santa Chiara. Dopo la prima proiezione, c’è sempre qualcuno che prova a restare dentro per vedere anche la seconda, gratis. Ci pensa lui, con le sue braccia robuste e le spalle larghe. Lo ricorda così, con un sorriso, il nipote Orazio.

Gli anni del cinema muto scorrono tra le risate con Stanlio e Ollio, l’incanto di Charlie Chaplin, e l’accompagnamento dal vivo della piccola orchestrina. Poi arrivano i grandi western americani, Greta Garbo, e infine il sonoro, che segna una vera rivoluzione per la comunità di Rende. Le serate al cinema sono leggendarie: la sala è talmente piena che i muri sembrano sudare per il caldo e l’umidità.

Poi arriva la guerra. Il cinema si ferma. Le pellicole non arrivano più. Ma Italo Costantino Garofalo non si arrende: sfida i bombardamenti degli Alleati, raggiunge Napoli e torna a Rende con le pizze dei film, rischiando la vita per non spezzare quel filo di magia.

Passano gli anni e sullo schermo del Santa Chiara scorrono le immagini di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, i film di Fellini, quelli con Sophia Loren e Gina Lollobrigida, la “bersagliera” scomparsa da poco.

Ma la storia del cinema a Rende si avvicina al suo tramonto. Alla fine degli anni Settanta, il colore invade le televisioni di casa e il grande schermo comincia a perdere il suo fascino. Il Santa Chiara chiude i battenti. Arintha perde il suo cinema.

Eppure qualcosa si muove. Nel centro storico di Rende iniziano le riunioni. Ci sono i fratelli Principe, Cecchino e Sandro, i due politici che in quegli anni hanno trasformato Rende in un modello per la Calabria. Alla fine, sarà proprio il Comune a rilevare la sala, per provare a scrivere un nuovo capitolo di quella storia iniziata tanti anni prima, con il sogno americano di Pietro Garofalo.

Ecco una riscrittura della parte finale, con uno stile più fluido e narrativo, ma rispettoso dell’originale spirito del testo:

Intanto Italo non si arrende e scrive a Giuseppe Tornatore, il regista de *Il Camorrista* e del leggendario *Nuovo Cinema Paradiso*. Tornatore risponde, con la sensibilità di chi conosce bene certe battaglie di resistenza culturale. In una lettera indirizzata a Italo e al giovane Orazio, li sprona a non mollare, a credere fino in fondo nel loro sogno. È il 1996.

Bisognerà però aspettare fino al 2015 per vedere riaprire le porte del Santa Chiara. A tagliare il nastro è il sindaco Marcello Manna. E da quel momento in poi, la storia passa nelle mani di Orazio Garofalo, che mette cuore, tempo e competenze a servizio del cinema, senza chiedere nulla in cambio.

Negli ultimi sette anni, sullo schermo del Santa Chiara sono passati circa 235 film. Cinema d’autore quanto basta, ma sempre con lo sguardo rivolto alla comunità. Prima delle proiezioni, spesso, Orazio regala al pubblico la sua videoarte: autentiche gemme realizzate con la tecnica del *found footage*, di cui è diventato un maestro.

La passione di Orazio nasce proprio lì, tra le poltrone rosse del Santa Chiara, quando da ragazzino assisteva ai “giovedì” del cinema. Era il giorno in cui Italo, suo padre, provava le pellicole che poi sarebbero state proiettate al pubblico. A volte le bobine arrivavano rovinate, spezzate. Ma Italo non si scoraggiava: tagliava, cuciva, rimontava. «I film non perdevano un colpo, non si interrompevano mai. Quanta abilità aveva mio padre» racconta oggi Orazio, con occhi ancora pieni di ammirazione.

Da quei ritagli di pellicola, dal vecchio proiettore 35mm a manovella, nasce l’amore viscerale di Orazio per il cinema. Un cinema che lui stesso definisce «non d’essai, ma nickelodeon»: come quei primi cinematografi popolari americani, accessibili a tutti, a 5 centesimi l’ingresso.

Il Santa Chiara, negli anni, cammina fianco a fianco con un altro pezzo importante della cultura di Rende: il *Finuzzu Film Festival*. Sulla terrazza di Serafino, storico presidente del circolo Reduci e Combattenti, le commedie italiane hanno fatto sorridere generazioni di residenti, tra angurie, dolci e bibite offerte a fine proiezione. Perché il cinema, prima di essere materia da intellettuali, è – e deve restare – arte popolare.

Poi, nell’ottobre 2023, un nuovo stop. Il commissariamento del Comune di Rende porta alla chiusura del Santa Chiara. Sembra la fine di un sogno, proprio a ridosso del centenario.

Ma a marzo 2025, quando tutto sembrava perduto, nasce nel cuore del centro storico di Rende una nuova speranza: la Pro Loco Rende Centro Storico, con sede proprio dentro il Cinema Santa Chiara. Un segnale chiaro: questa storia, evidentemente, ha ancora molto da raccontare.

 

 

 

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1995 Cinema Santa Chiara Rai

1995 Cinema Santa Chiara Rai

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